Maradonna storia di un grattacielo annunciato

28 Mar , 2015 - Works

Maradonna storia di un grattacielo annunciato

La genesi del progetto

Abbiamo iniziato a lavorare su questo spettacolo prima che fosse ultimato il copione.La compagnia era alla ricerca di un testo che includesse gli intrighi di Ibsen, l’assurdo di Beckett, l’umorismo di Gogol e l’immediatezza di de Filippo; un testo che riflettesse l’incomunicabilità dell’epoca moderna senza scadere in una banale critica massimalista. abbiamo iniziato a lavorare sotto l’occhio della nostra regista elena, ricercando le forme per esprimere la difficoltà e la rabbia di questo momento storico, l’angoscia di una crisi fantomatica, la pesantezza di una gioventù di marmo. Fuori dal teatro, mentre noi ci dannavamo alla ricerca di un senso profondo che spiegasse quest’epoca oscurantista, qualcuno si era già messo al lavoro: non uno, ma due grattacieli stavano nascendo nella nostra città…Che ambizione smisurata!

Non meno eroici di Fuksas e Renzo Piano, anche noi abbiamo iniziato la nostra opera e abbiamo scommesso sul grattacielo pop più irriverente della cità. Così è nata l’idea di Maradonna, una via di mezzo tra Maradona e la Madonna, uno spettacolo che sfida l’acciaio e il cemento con l’emozione. Ma cos’è un grattacielo per un teatrante? Una scusa! Una scusa per parlare dell’uomo che osserverà l’elevarsi del colosso di vetro? Una ragione per entrare nei panni del politico che febbricitante sogna di tagliare il nastro rosso all’inaugurazione? Un escamotage per trasformare la realtà in leggenda e vice versa. Rivisitazione contemporanea della torre di Babele, Maradonna è il grattacielo dell’ambizione. Qui sedimentano i tre desideri dell’uomo moderno: possesso, potere e fama. Qui l’uomo riflette se stesso.

Parole della regista

Ho interpretato Maradonna attraverso il prisma della leggenda della torre di Babele. La costruzione del grattacielo equivale alla nascita della moderna Babilonia; in questo percorso umano tutti i personaggi si confrontano al tema dell’ambizione, della crisi e della dispersione.A partire da un fatto sociale ho voluto svuotare l’opera del suo realismo per amplificarne la portata filosofica. Maradonna tratta della crisi, non economica ma esistenziale, che attraversiamo nel nostro percorso per diventare uomini. Costruire una torre è come affermare la nostra ambizione, la nostra volontà. Cosa succede invece quando la torre sta per crollare? Quando il dubbio s’insinua nelle nostre azioni?

Questo dubbio è all’origine di una crisi delle coscienze. La crisi non è una punizione, ma l’inizio di un nuovo percorso: il percorso che porta alla consapevolezza. Quando dio manda gli angeli per confondere le lingue degli uomini si tratta di una metafora: gli uomini perdono ogni sicurezza, gli stessi uomini certi di conquistare il cielo finiscono balbettando. Quel balbettio è sinonimo di umiltà.Il crollo della loro ambizione li obbliga a riscoprire il valore delle parole.

Elena Rumy

Note drammaturgo

Maradonna è il grattacielo dell’inazione, del dubbio. Ho voluto tracciare un percorso a ritroso: dall’ideale attivo all’uomo passivo. Ho trattato l’inazione perchè la caratteristica principale della mia epoca, della mia generazione: tantissime ambizioni, miliardi di possibilità ma il sentimento profondo di non fare nulla. Il percorso che spinge i personaggi all’immobilità è drammatico. Questa sofferenza è creata dai personaggi stessi, amplificata dalla loro paura: per non “entrare in crisi”, per non accettare il dubbio esistenziale, essi preferiscono difendersi e aggredire.

Attraverso Maradonna ho cercato di rendere intuibile il percorso che l’uomo deve affrontare per ritrovare se stesso. il grattacielo non rappresenta nulla di astratto. Non mi interessava il rapporto ideologico tra i personaggi e Maradonna, ma il rapporto organico che lega l’uomo al suo habitat, la dipendenza dell’uomo dalla materia. Maradonna non è solo un simbolo ma è prima di tutto una realtà fisica: un peso sulle spalle dei personaggi, uno strumento per sfogare la propria morbosità, un’arma per abbattere i propri nemici.

Ludovico lanni

L’opera

L’opera si svolge in due spazi differenti che tendono a compenetrarsi durante lo svolgimento: lo studio dell’architetto Nimrodaz e la catapecchia. Un luogo di azione si oppone a un luogo di inazione. Dall’iperattività iniziale all’apatia finale, la scenografia si trasforma da luogo definito a spazio X.

I tre atti atti ricalcano la leggenda della torre di Babele: l’ambizione, l’intervento divino e la dispersione degli uomini.Il primo atto si concentra sulle problematiche legate alla costruzione di Maradonna. I personaggi sono uniti dal desiderio comune di costruire il grattacielo: l’architetto, rinchiuso nell’olimpo degli intellettuali, vede in Maradonna il compimento assoluto del proprio lavoro; il politico, combattuto tra il dilemma di dover soddisfare tutti e l’impossibilità di soddisfare se stesso, ha pensato a Maradonna per conquistare l’elettorato; sua moglie decide, attraverso il grattacielo, di ritrovare la propria indipendenza e sfidare la società che l’ha resa apatica. L’ascesa verso la crisi è rapida e asciutta: i personaggi sono già al limite, le azioni sono cariche di tensione, l’opera comincia a pochi istanti dalla detonazione.Appena si delineano chiaramente i desideri e le intenzioni dei tre personaggi entra in scena claudia Malak, la stagista.

Claudia è un messaggero machiavellico che rappresenta l’aspetto più conservatore e reazionario dell’uomo. La stagista annuncia: il terreno del grattacielo è occupato. Nel secondo atto si sviluppa l’attesa e s’insinua il dubbio: i personaggi percepiscono l’ombra del fallimento. Attraversati dall’impossibilità, i tre titani scoprono di avere dei limiti, di far parte di un ingranaggio più ampio che non possono controllare. Si rendono conto che la vita nella sua imprevedibilità li oltrepassa. In questo secondo atto il tempo si dilata: attraverso la crisi i personaggi vivono le origini dello sradicamento umano. La scenografa inizia a perdere la propria funzione realistica e diventa un ostacolo. Il terzo atto è l’inizio del vagabondaggio, della ricerca: i personaggi, soli, adottano dei linguaggi diversi, ognuno per calmare la propria soferenza e ritrovare un dialogo con il proprio essere. In questo atto l’uomo si libera completamente della materia e comincia a vagare attraverso i sentimenti che ha vissuto e che ora gli si presentano mescolati e incerti. I personaggi non sono più padroni di loro stessi, non controllano più lo spazio, non determinano più, attraverso il corpo e attraverso il verbo, le loro intenzioni.


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